Semide dei agnei

Sono stato coinvolto da Stefano e Fausto in questo progetto un poco fuori dai miei monti abituali. Ho aderito con decisione in quanto l'idea era quella di ripercorrere una via che fu importante per la popolazione locale (vedi qui). Inoltre ci si prefiggeva di farla dalla val Dogna come originariamente si faceva; da qualche anno a questa parte le poche ripetizioni della Semide puntano a percorrere solo il tratto di cengia più estetico evitando il percorso da val Dogna con ingegnosi quanto impropri aggiramenti, sempre partendo dalla val Raccolana. L'abbandono da molti anni del percorso di avvicinamento originario, assieme con la dismissione dell'ex sentiero CAI 619, poneva il problema del ritrovamento della traccia e della sua riapertura.

Ecco allora che il mio intervento era più che indispensabile!

Vecchie relazioni parlano di lasciare l'ex 619 in corrispondenza di un bollo rosso su un grosso faggio; giudicate voi se è più grosso il bollo o il faggio...

Alcune immagini della Semide con la traccia tenuta ben battuta dagli animali che si lasciano anche fotografare.

Qui si vede la porzione della cengia che esce sui pendii erbosi sotto il valico de La Puartate: dove manca la vegetazione è il punto più difficile del percorso.

Si tratta di una rientranza ripida e rocciosa; qualche tempo fa dei percorritori hanno teso una corda per facilitare il passaggio.

Alcune considerazioni: l'ex 619 è ancora in decente stato (attenzione a chi lo sta dicendo! per me decente significa una cosa, per altri lo stato di conservazione del sentiero può essere tale da non permetterne la percorrenza); la pulizia della traccia che dall'ex 619 porta sulla Semide è senz'altro bastante per seguire il percorso con tranquillità: resta comunque un sentiero per avezzi; il passaggio della corda sulla Semide non è alpinistico (da qualche parte gli è stato dato un qualche grado della scala Welzenbach), lo spezzone di corda dove è stato messo è perfettamente inutile, se non in caso di ghiaccio o neve; per la discesa da La Puartate fino a Patoc bisogna conoscere il tratto tra il valico e lo stavolo Sbrici perché manca ogni traccia e i segnavia blu sono rari; dallo stavolo in giù c'è un'autostrada; le nostre 11 ore che ci abbiamo messo non fanno testo in quanto ci siamo dovuti cercare il percorso e tagliare la vegetazione: credo che 9 ore sia il tempo giusto per l'intera traversata.

La gita è stata resa possibile dal prezioso contributo di Gustavo al quale ancora va il nostro sentito ringraziamento.