Monte Giavons (1711 m)

Giavons, come altri toponimi simili (Giaveada, Giaveit, Giaveò, Giaf) deriva dalla parola celtica Gava che significa ruscello, torrente; è probabile che anche l’ertano abbia l’identica radice etimologica.
A dispetto della modesta quota il monte Giavons è orograficamente piuttosto complesso. Si tratta di una serie di strati litologici immersi verso N-NO che presentano all’opposto punto cardinale alte pareti a reggipoggio, inframmezzate da grandi terrazze a foggia di cenge che spiovono verso la Val di Fisar; tale disposizione rende praticamente inaccessibile il monte dai versanti meridionali, mentre appare logico vincerlo dal versante che guarda la piana del Cjampis o dalla Val di Fisar. Non ho potuto conoscere nessuno che lo abbia salito e le frammentarie notizie che sono riuscito a reperire parlano di un accesso da stalla Giavons di Sopra per il Rio dal Giavons (da S quindi!) e, per l’appunto dalla Val di Fisar. Ritengo quindi che attualmente siano pochissimi i salitori di questo monte tuttora viventi , forse solamente qualche anziano cacciatore; si trova invece chi si fregia di essere stato in cima ma alla prova dei fatti le sue indicazioni risultano chiaramente campate in aria. Una breve esplorazione è stata fatta da due alpinisti del gruppo Ragni del Masarach che intendevano  saggiare le belle e solari pareti meridionali, ma poi ogni velleità è stata abbandonata per il lungo e faticoso avvicinamento.

La quota 1686 a sinistra e il tratto terminale del canalone del Rio dal Giavons.

 
Un mio precedente tentativo lungo il Rio dal Giavons mi ha portato a salire la quota 1686, che sta in mezzo tra il Giavons e l’Aquila del Frascola, senza riuscire a spostarmi per cresta sulla cima principale.

Il monte Giavons dal Tamaruz: il lungo canalone che incide a metà il monte è quello del masso incastrato (visibile solo con binocolo); la forcella che fa capo al canalone più a sinistra è quella da dove siamo sbucati provenienti dalla Val di Fisar.


L’attenta osservazione del Giavons dai monti circostanti mi ha permesso di individuare il suo punto debole nel versante settentrionale: un canalone che sbocca a quota 1342, a metà circa del sentiero 386 che dal ricovero Cjampis porta in Forca del Frascola, inizia in cresta, molto vicino alla vetta, e poco sotto ha un masso incastrato che forma una breve galleria; restava il problema della risalita di tale canalone che sicuramente ha dei salti e le sue sponde sono un intrico di mughi e bosco, non un terreno ideale! Intuivo però che il masso incastrato poteva essere raggiunto da Forca del Frascola in traversata tenendosi al piede delle rocce. Nonostante avessi a portata di mano la soluzione, venuto il momento opportuno per attaccare il monte, ho scelto di salire per la Val di Fisar: qualcosa mi diceva che sarei stato fortunato.
E proprio di fortuna bisogna parlare!

 

La giornata, che pareva bella, ci ha riservato una cappa di nubi sopra i 1200 m.

Passati per stalla Val di Fisar abbiamo seguito una debole traccia che ci ha permesso di prendere il canalone più occidentale della Val di Fisar.

All'inizio qualcosa si vedeva...

Il canalone si fa sempre più aspro.

Ci dobbiamo orientare con cartina, bussola e altimetro; prendiamo ovviamente un canalone sbagliato e dobbiamo tornare indietro quando dei salti ci obbligano a fermarci; il dislivello totale della giornata sarà di 1500 m.

Però poi riusciamo a prendere il canalone giusto che è quello al centro della foto, scattata precedentemente dalla cresta ovest del Roppa Buffon. Siamo usciti sulla forcella e abbiamo avuto pochi secondi di visibilità sulla piana del Cjampis che ci ha permesso di orientarci e capire che la vetta stava sulla nostra sinistra.

Abbiamo quindi, dalla forcella, percorso la cresta ispida di mughi, passando poco sopra il masso incastrato (di cui parlavo prima) riconoscendolo (il che mi ha dato un'idea per la discesa...). La foto qui sopra è scattata dal Roppa Buffon e dietro il Giavons ci sono Il Mostro, il Frascola e le Caserine; a sinistra il Dosaip.

E' triste raggiungere una vetta dopo tanto lavorarci e avere zero visibilità: già deciso di ritornarci, ovviamente.

Abbiamo eretto un bel ometto perché risulti visibile dal Cjampis.

Come anticipato, in discesa abbiamo provato il masso incastrato e il canalone; poi giunti alla base delle rocce abbiamo cominciato a traversare verso ovest raggiungendo, senza grandi difficoltà, la Forca del Frascola; per il sentiero CAI che passa per la Forca siamo scesi passando per stalla Giavons (foto) e Frassaneit. In quest'ultima località un incontro interessante con dei ragazzi di Cervignano che si definiscono "gruppo zecche Cervignano".

Sono tornato sul Giavons qualche mese dopo tentando la salita da sud, per l'ultimo canalone che mi restava da esplorare (uno mi ha portato sulla q. 1686, l'altro, esplorato con Stief si è rivelato impraticabile).

C'era una foschia beffarda che mi faceva presagire un'altra salita senza visibilità.

Sono uscito in cresta sulla forcelletta a sx del gendarme in basso a destra e, riconosciuto il luogo mi sono diretto verso la cima conquistata con Fausto in novembre 2008.

Ma quale sorpresa! Alle mie spalle si erge una mole decisamente più alta di quella che avevamo raggiunto (la maledetta nebbia!). Corro sulla cima principale prima che le nubi mi chiudano la visuale.

Autoscatto in vetta.

Il Frascola e in basso l'Aquila del Frascola vista di sguincio.

In basso la casera Cjampis; a dx la Forca del Mùgnol.

La cima sbagliata con l'ometto.

Al centro la Forca dal Bec e a destra il Tamaruz. Le nuvole salgono impietose e io decido di scendere. Ora so salire al Giavons da tre versanti dopo numerose escursioni dedicate a questa montagna.

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