Cresta del Boscovecchio

AVVENTURA!

Si tratta della lunga cresta che da Cima Leadicia scende verso Sud Est e che divide il Canal Grande di Meduna dal Rio del Clapòn; termina a picco sul lago del Ciùl con i cimotti di Cualina Alta (1561 m) e Cualina Bassa (1367 m). Nei mappali catastali del comune di Tramonti di Sopra essa è denominata Filone Cualina-Boscovecchio; utilizzo una semplificazione con terminologia alpinistica e la ribattezzo Cresta del Boscovecchio e ne ho ben donde, perché credo di essere il primo a misurarmi con essa. Verosimilmente la quota 1720 a circa metà della cresta può essere denominata Cima Boscovecchio. La sua lunghezza mi ha costretto ad organizzarmi su due giorni, con percorrenza della cresta il primo e discesa al ricovero Charpin per la notte; rientro il secondo giorno. Troppo ottimista!

La salita in Cualina Alta non mi destava preoccupazioni: quattro ore avevo destinate all'uopo e quattro sono state. Nell'immagine presa dal Forcellon si vede bene il cengione che sale da destra a sinistra sullo spigolo del monte.

Dal cengione vediamo il Forcellon in secondo piano e in fondo il lago del Ciùl.

Immagine della cima di Cualina Alta verso l'inizio della cresta del Boscovecchio; si può notare che il crinale fa un'ansa verso sinistra e poi punta su Cima Leadicia la cui rocciosa dorsale Nord Est appare sulla destra della prima elevazione di cresta. Si nota in cima al prato in primo piano l'ometto di vetta dove è presente un vaso di vetro con libro di vetta; purtroppo il tappo non tiene e il foglio è completamente bagnato. Comunque dopo che l'abbiamo portato su, io Fausto e Ermanno nessuno più ha visitato questa cima.

La dorsale è tutta un saliscendi con una vigorosa mugheta pressoché continua, l'incedervi risulta estremamente faticoso.

Ogni tratto roccioso è possibile aggirarlo per mughi.

Qui sono in vista della Cima Boscovecchio che è in centro dell'immagine: dietro ad essa la Forcella del Pedòle tra Caserine Alte e M. Burlatòn. Scarse le tracce di camosci in cresta, probabilmente passano poco anche loro disturbati dalla fitta mugheta.

Il raggiungere Cima Boscovecchio è stato davvero lungo e faticosissimo, solo brevissimi spazi prativi tra i mughi per prendere fiato.

Dalla Cima Boscovecchio verso la Forcella del Pedòle.

Dalla Cima Boscovecchio il tratto di cresta per raggiungere Cima Leadicia. Qui sono oltre la metà del crinale ma ciò che vedo davanti è ancora fatica e lotta con i mughi che molto mi hanno rallentato e i tempi che mi ero prefissato ormai sono da lungo superati; mi rendo conto che se proseguo, così stanco e perciò così lento, il buio della sera mi sorprenderebbe ancora sulla cresta. Urge una decisione.

Giunto quindi alla depressione di cresta quotata 1688 m (vedi cartina), e trovata un'insperabile traccia di camosci scendo nel vallone che soggiace alla Forcella Pierasfezza, da dove nasce il Rio Passo. Il "covone" sulla destra dell'immagine è Cima Leandrina: sulla sua destra Forcella Pierasfezza.

In fondo al vallone un ricovero sotto le pareti con muretti a secco; lo visito. Nel vallone trovo acqua il che mi toglie da una preoccupazione. Col tempo che mi rimane prima del calare della sera decido di salire in vetta alla Leadicia per la via normale e poi di trovarmi un posto per un bivacco. Scarto il ricovero della foto in quanto devastato da deiezioni dei camosci.

In Cima Leadicia trovo una croce nuova portata fin lassù da Franco, Fausto e Sergio da Navarons: dopo di loro soltanto io.

La luce verspertina su Cengle e Vetta Fornezze. Sono roso dal dubbio se tentare la discesa al ricovero Charpin: con solo un'ora di luce a disposizione mi pare un azzardo.

Ecco la cresta del Boscovecchio da Cima Leadicia che prende l'ultimo sole.

Trovo un buon posto per il bivacco 50 metri a Sud di Forcella Pierasfezza, su quel ripiano tra i due blocchi della foto. Dodici ore di gelido e scomodo bivacco con solo il bisogno di riposare dopo 10 ore di cammino di cui più della metà a tirare e scostare mughi; una notte di stelle ghiacciate; per fortuna che prevedendo le evenienze mi ero dotato del necessario per un bivacco all'adiaccio.

L'alba su Caserine Alte mi ha visto già in marcia.

Sono sceso per il Rio dal Clapòn passando accanto al Clapòn di Leandrina...

...e al Clapòn dal Vuar.

In definitiva, pur mancando per sfinimento l'obiettivo di percorrere integralmente la cresta, sono contento di essermi misurato ancora una volta con l'ambiente selvaggio, e pure orgoglioso di essere riuscito a prendere le decisioni giuste, sia nella preparazione che nella conduzione dell'escursione.

Insomma: non proprio matto del tutto!

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