Viàz Bepi Canderan

Ascensione a Cima Leadicia (1898 m) lungo la cengia al piede delle pareti meridionali, percorso genericamente detto Sot Cengla.

Mandi Bepi, soi stât in Leadicia par Sot Cengla. Cuand chi ti ai domandât sa si po gi su par là, tu mi a dita: ce vatu a fa di che bandis ca le plen di alač! Mi soi partât il masanc par viargimi la strade, ma a le restât tal rusac. O ai capît che là in somp no tu sês mai stât e forsit mai nissun; alore ti dedichei la sgropade. No ai čhatât la cuarde che tu as mitût par vignì iù dal Tàmer di Leadicia fin in Sot Cengla, dopo ca'l lâris ca une volte ti iudave a calâti, le stât stroncât da une saete.

Ciao Bepi, sono stato in Leadicia per Sot Cengla. Quando ti chiesi se si poteva salire su per di là mi dicesti: cosa vai a fare da quelle parti che è pieno di mughi! Così mi sono portato la mannaia per aprirmi la strada, ma è rimasta nello zaino. Ho capito che lassù non ci sei mai stato e forse mai nessuno; allora ti dedico la sgroppata. Non ho trovato la corda che hai messo per scendere dal Tàmer di Leadicia in Sot Cengla, dopo che il larice che un tempo ti aiutava nella calata, è stato stroncato da un fulmine.

No ai čhatât la rêt da materàs ta la Claupe Sot Cengla ca la leiende voleve lassù.

Non ho trovato la rete da materasso nella Claupa Sot Cengla che la leggenda voleva lassù.

Chei di Navarôns an mitût une crous in cima deventade aromai un rudinač: no san a fa li robis.

Quelli di Navarons hanno messo una croce in cima ormai disastrata: non ci sanno fare.

Bielis invecit li crous gnovis che tu as mitût in Culosìt; ogni volte chi passi mi impensi di te, di cuand tu eris canai e tu partavis l'âghe a lis squadris di bosčhadôrs in Sot Cengla, su pal Rug da lis ranis. Biele etât, biei ricuards! Tu fasis ben a coltivâ la memorie, dai puesčh, da la înt, dai muarts. Sin, cumò, dome il nestri passât, il domàn a nol esist, domàn a si môr e vonde.

Belle invece le nuove croci che hai messo in Culosit; ogni volta che ci passo penso a te, di quando da bambino portavi l'acqua ai boscaioli in Sot Cengla su per il Rio delle rane. Bella età, bei ricordi! Fai bene a coltivare la memoria, dei luoghi, della gente, dei morti. Siamo, ora, solo il nostro passato, il domani non esiste, domani si muore e basta.

Tra il 1938 e il 1950, con una pausa per il conflitto mondiale, in Alta Val Meduna è stato operato un cospicuo taglio dei boschi per legname da ardere e da costruzione. L'operazione, commissionata e messa all'asta dal Comune di Tramonti di Sopra, fu organizzata e seguita dagli uomini della Forestale col compito di evitare una depauperazione del patrimonio boschivo e nei limiti del possibile convertire in altofusto boschi condotti a ceduo. Si sono succedute negli anni alcune ditte specializzate che assunsero manodopera locale, dando così una risposta ai bisogni occupazionali della popolazione che altrimenti erano soddisfatti con l'emigrazione, stagionale o definitiva. La zona impervia obbligò a costruire una grande teleferica per portare a valle il legname, opera che rimase nella memoria della valle come qualcosa di epico; si pensi che la linea principale che collegava il Clapòn dal Lìmet a Tramonti era lunga 11 chilometri e 370 metri; numerose erano anche le linee laterali per un totale di 18 chilometri di teleferiche. La linea principale era servita da un motore a scoppio per aiutare a sollevare il legname nelle contropendenze. Tutto questo lavoro, nonostante si sia protratto per pochi decenni e siano trascorsi molti anni da allora, ha tuttora dei riscontri sul territorio; sulla copertura forestale sopratutto che un esperto osservatore sa interpretare come il risultato di quell'operazione; anche il profano può però accorgersi che qualcosa di importante è accaduto in zona: frequentando il limite della vegetazione arborea, quelle del larice per intenderci, si scoprono enormi ceppaie, chiaramente segate, anche in luoghi davvero impraticabili. Altri elementi ci ricollegano a quegli eventi: la casermetta della Forestale a Selis che è il rudere con le inferriate alle finestre; sempre a Selis, fino a qualche anno fa era ben visibile l'enorme ruota della teleferica che ora è stata portata a valle per una restaurazione museale. Visibili anche le “impronte” dei casoni dei boscaioli sul sentiero per casera Čharpin, subito prima di guadare il Rug Čharpinus, nel bosco sulla destra: nel più vicino dei due è ancora presente la pietra che fungeva da focolare. Qui nei periodi di massimo lavoro pernottavano fino a duecento operai. I boscaioli a volte rimanevano nei boschi per più giorni se questi erano lontani dai casoni: in tal caso si rifugiavano per la notte nelle claupe che miglioravano rendendole comode; si racconta che in una di queste, la Claupa Sot Cengla, avessero anche portato delle brande, che poi, probabilmente hanno riportato a valle al termine dei lavori. Girando per i boschi non è raro incontrare qualche ceppaia con ancora del cavo d'acciaio legato, segno dell'ancoraggio di un filo a sbalzo, o tiranti di cavallette di teleferica; nei ripiani erbosi sopra Selis, fuori dal livello del lago, si possono vedere numerose matasse di cavo d'acciaio che il bosco sta seppellendo tra radici e erbe. Se si ha fortuna si possono trovare pezzi o parti in ferro dell'attrezzatura di lavoro come, ad esempio, carrucole o ganci “Petris”. I boscaioli utilizzarono i sentieri già presenti ma alcuni li realizzarono per i loro scopi; tratti di queste vie sono ancora presenti, come il sentiero della Forestale che da Selis conduceva sul greto del Canâl grand di Meduna nei pressi del Bûs de Tone da Ru; tale percorso passava sotto la linea della teleferica. E' però difficile sapere, in mancanza di testimonianze, se un tracciato era preesistente ai lavori di disbosco o fu creato per la bisogna; il loro stato di abbandono e rinselvatichimento è tale in quasi tutte le tracce dell'Alta valle del Meduna che è già un miracolo distinguerne brevi tratti. Sarebbe interessante sapere come i Forestali e gli operai si fossero approcciati a questi boschi: certamente saranno stati guidati da qualcuno, buon conoscitore dei luoghi, pastore o cacciatore che insegnava loro gli accessi alle varie zone; o forse le ditte appaltatrici assumevano volentieri chi della zona dimostrava perfetta conoscenza sì da avvalersene. Resta il fatto che sono ormai pochi, ancora in vita, che hanno lavorato in quegli anni e che ricordano sentieri e percorsi. Uno di questi è Bepi Canderan originario di Frasseneit che da bambino, per un magro compenso, portava l'acqua ai boscaioli dislocati nei luoghi più impervi. Quel periodo è rimasto molto presente nella sua memoria tanto che cura ancora a ottant'anni suonati le croci in memoria dei boscaioli morti sul lavoro, croci situate in località Culosit.

Informazioni tratte da qui

Cima Leadicia in centro immagine mostra la sua parete meridionale; alla base corre il percorso detto Sot Cengla; in realtà Sot Cengla è il nome del bosco sottostante le pareti e sarebbe più appropriato chiamare il percorso Cengla o Cengla di Leadicia.

Raggiungere la Cengla non è facile.

Alcuni passaggi esposti e delicati la sconsigliano ai turisti.

Nella parte superiore la Cengla si trasforma in una rampa molto ripida.

La Cengla esce sul ripiano di mughi a destra della Cima Leadicia che qui è vista da Ovest, dal lato opposto di cui sale la Cengla; sopra ai mughi si erge l'ultimo salto verticale dello spigolo che difende la vetta.

Il salto, peraltro breve, oppone un passaggio esposto, povero di appoggi che ho valutato di quarto superiore. Questa difficoltà mi permette di supporre che da questo lato non è mai salito nessuno.

17 maggio 2015 con Stief e Fiorone da Galli. Per la cronaca siamo usciti in vetta dopo 7 ore e mezza dalla partenza dalla diga del Ciùl (non è lunga, son io che invecchio). Potrebbe essere più intelligente pernottare in Čharpin, risparmiando tre ore. Siamo scesi per il Canal dal Vuâr e il Canal piccolo di Meduna raggiungendo 14 ore e trenta di escursione.