Cambio al timone

Il maso era in rovina: gli infissi schiantati e parte del tetto collassato; presso l'uscio resisteva all'usura del tempo solo una panca di legno utile al riposo dei viandanti. Fu costruito in faccia al Corno che sovrasta la conca, per averlo perennemente in vista, come se quella geometrica roccia fosse lo gnomone di una grande meridiana che scandiva con la proiezione della sua ombra i ritmi delle giornate pastorali.

Con un po' di fantasia, quella conca chiusa a meridione dal Corno, con il ghiaione alla base e ancora più in basso lo spicchio di prato dove sorge il maso, può essere comparata a un'immagine di ambiente diametralmente opposto: così il Corno diventa la prua di un vascello semi affondato e il maso è lo scassato cassero di poppa da dove un nocchiero fantasma tenta disperatamente di riportare la sua nave in porto.

Il Giovane, giunto al maso vi trovò, seduto sulla panca, una persona intenta a fare la punta a un bastone. Salutò cortesemente. Il Vecchio alzò il capo dal lavoro; indossava un cappello di feltro e la giacca sulle spalle con le maniche penzoloni.

- Da dove vieni?

- Dal Corno.

- Sei salito verso sinistra e hai preso la cresta in Forcella Bassa?

- No, no, son salito direttamente per lo spigolo.

- Per lo spigolo? È difficile su per di là!

- Mmm...non ho trovato la via...

- Ci vuol coraggio! - Sentenziò infine il Vecchio e aggiunse: - Bisogna festeggiare!

Il Giovane osservò il Vecchio alzarsi, aggiustarsi la giacca sulle spalle, entrare nella catapecchia; lo sentì tossire più volte e poi riapparve con in una mano due bicchieri e nell'altra un fiasco di vino. Posò i bicchieri sulla panca e li riempì piano. Ripose il fiasco, prese il suo bicchiere, invitando il Giovane, con un gesto, a servirsi. Senza un brindisi il Vecchio bevve, quasi che d'un tratto lo avesse preso la fretta:

- Bene è ora che me ne vada. Buona fortuna.

Si aggiustò ancora la giacca sulle spalle e con passo svelto prese il sentiero verso valle, traversò il prato fino al masso solitario, qui voltò un po' a destra e sparì nel bosco.

Il Giovane restò sorpreso con il bicchiere a mezz'aria e una smorfia di incredulità sul viso. Ma dopo un po' se ne fece una ragione, si sedette sulla panca e bevve. Per la stanchezza della giornata e il torpore causato dal vino s'addormentò.

Fu tratto dai sogni dal fragore delle pale di un elicottero che, passato sopra il maso, si diresse verso il Corno; con una serie di spostamenti l'elicottero si portò sulla verticale del ghiaione. Il Giovane vide allora che sulle ghiaie operava una squadra del Soccorso Alpino; dopo qualche minuto l'elicottero ripartì con legata alla fune del verricello una barella rossa, segno evidente di una disgrazia alpinistica.

Tenne d'occhio il movimento della squadra di Soccorso che, disceso il ghiaione, imboccò proprio il sentiero che conduceva al maso. Mentre si avvicinavano contò sei uomini con due cani. Parlavano tra loro del povero alpinista e dell'errore che gli era costato caro. Quando furono prossimi si alzò dalla panca, ma la squadra gli passò accanto senza vederlo; solo il secondo cane si fermò di botto ai suoi piedi gli mostrò i denti e proruppe in un ringhio furioso; il conduttore posò la mano sulla testa dell'animale e questi si rilassò cominciando ad abbaiare. Dalle travi sconnesse del maso s'involò sdegnato di tanto baccano un barbagianni che cercò quiete altrove. La squadra del Soccorso Alpino riprese la marcia verso valle, traversò il prato fino al masso solitario, qui voltò un po' a destra e sparì nel bosco.